domenica 11 settembre 2016

Recensione "IL POPOLO DEI SOGNI" di Paola Garbarino




SINOSSI

L’essere umano dorme per un terzo della vita. Cos’è dunque quel terzo? Non è essa stessa un’esistenza? 

Lili Connelly ha diciassette anni e come tutte le adolescenti si sente diversa dagli altri. Niente le interessa davvero, a parte il proprio mondo interiore; nessun ragazzo le piace mai veramente e, se non fosse per la sua espansiva amica, la sua vita sociale sarebbe pari a zero. Il lavoro di suo padre ha trascinato lei e sua madre da una parte all'altra del globo, ma forse non è quello il motivo per il quale non riesce a sentirsi a casa in nessun luogo; almeno finché, in Corea, non conosce Haakon, uno strano ragazzo norvegese verso il quale prova immediatamente un senso di appartenenza... 

Lili: "Se si dorme per un terzo della propria vita, non è forse un tipo di esistenza anche quel terzo? Se si sogna per qualche ora ogni notte, quante ore di sogno si accumulano in una vita intera? E quel lungo sogno non è, appunto, una specie di vita anch’esso? E che senso ha il sogno che faccio da quand'ero bambina?" 

Dall'autrice della saga romance "Stars" ("Come la coda delle comete", "Black Hole", "Supernova" e "Pulsar") il suo primo urban fantasy; ambientato in Corea del Sud, Italia e Regno dei Sogni. 

Per essere aggiornati sui romanzi: www.paolagarbarino74.wix.com/author-site 
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RECENSIONE

Il fantasy di Paola Garbarino, colpisce soprattutto per il senso acuto di alienazione che pervade tutto il libro e che caratterizza soprattutto la protagonista Lili. E’ un’emozione poco analizzata ma che sembra predominare ogni ambiente poco equilibrato, a volte chiuso e soffocante, tutto incentrato sulla materialità più che sulla creatività. E il mondo in cui Lili si trova a suo malgrado a vivere ha molte di queste caratteristiche. Lili suo malgrado, si sposta in continuazione per seguire il lavoro del padre. Se questo le dona spunti diversi e una certa apertura mentale, dall’altra parte le toglie qualcosa di fondamentale per la crescita: ossia le radici. Lili è come molti di noi un albero senza radici, immerso quasi in un libro di grigi sfumati che si trasforma in continuo senza però assumere una struttura precisa. Lili vive sospesa tra mondi di cui alla fine, si sente alienata.
L’alienazione è quella strana sensazione che ci fa sentire estranei non solo al mondo in cui ci troviamo a interagire ma soprattutto a noi stessi, per l’incapacità di adattarsi alla società. E’ un termine che nasce dalla filosofia marxista e che identifica un tipico disagio della modernità, co i suoi gesti rituali quotidiani svuotati di significato e eseguiti per dovere o per stanchezza. E Lili immersa in un mondo definito e in un certo senso delimitato inizia a sentirsi fuori luogo. La descrizione di questo stato che rasenta la psicosi (’alienazione) il non sentirsi mai a casa, mai nel posto giusto, quel senso acuto di estraneità rappresenta il vero tocco di originalità di un fantasy che per quest’’acuta descrizione psicologica si discorsa dal classico, scontato fantasy. Lili non rappresenta il classico personaggio da romanzo. Lili si accosta piuttosto a quelle figure tormentate dei romanzi di formazione, con un mondo interiore cosi vivo e pulsante da soffocarla, e che spesso la costringe a suo malgrado a rifugiarsi nella sua fervida immaginazione, un mondo dei sogni che si concretizza come una dimensione parallela, dove la sua creatività (stagnante perché improduttiva e fine al suo piacere ) può dominare, manipolare, evocare e emanare idee che sembrano prendere forma, e sentirsi cosi padrona di se stessa, una sorta di demiurgo potente e indomabile.
Questo straordinario potere si rivela però illusorio. Lili ci arriva per ironia della sorte proprio per la sua mente allenata al cambiamento, per quel suo essere del tutto fuori dagli schemi mentali coerenti e spesso limitati di ogni uomo. Lili appunto perché priva di fondamenta ha la flessibilità giusta che le permette di passare a una consapevolezza di grado superiore. Lei apprende a apprendere. Lei impara a conoscere. Lei osserva, studia analizza perché è una sorta di essere prigenio, senza preconcetti e senza una sorta di socializzazione primaria. Lili cioè, non ha assorbito i capisaldi sociali di nessuna società specifica ma di molte. E questa miriade di informazioni rendono per necessità la mente fluida in cui tutto è valido e in cui tutto non ha il predominio della verità assoluta. Lili non si integra. Né nel mondo reale né nel mondo dei sogni. Lili è un mediatore naturale, passa attraverso i mondi e le regole, attraverso leggi e convenzioni, studiandole ma mia assimilandole.
Ed è per questa sua caratteristica che questo mondo immaginifico si rivela semplicemente una trappola, non sono creazioni ma illusioni. Non sono emanazioni ma copie. E’ una droga in cui la coscienza è sostituita dal potere di dominare.  E’ cosi che questo mondo meraviglioso è solo un mondo fatto di ombre. Di imitazioni del reale. Di illusione di essere divinità creatrici. Un mondo manipolatorio e soporifero, che semplicemente si nutre di energia e lascia però l’amaro in bocca.  Nessun mezzosangue è davvero creativo. Cos’è la creatività? Per molti è l’arte di inventare, una capacità cognitiva della mente che realizza con un azione quello che la nostra testa produce. E’ quindi un vero e proprio atto, nel senso solido del termine. Con la creatività io produco opere letterarie, cambiamenti che influiscono con il tessuto temporale, creo quadri, poesia canti. La creatività non è fine a se stessi, non è solo piacere. Essa incide profondamente la storia umana. E’ azione laddove nel mondo dei sogni è soltanto copia e emanazione di un qualcosa che già esiste. Un inganno quindi, che Lili riesce a svelare, un inganno che coinvolge l’energia di particolari individui dotati di un mondo interiore forte e a volte frustrato,  che trova in questo inganno una sorta di placebo alle proprie inquietudini. E Lili prendendo coscienza dell’atto vitale della creatività restituisce libertà e libero arbitrio a ogni essere imprigionato nel vello illusorio ricostruendo il ponte che collega ogni umano al Primo Sognatore (Dio).
Si capisce come lo sforzo di Paola è quello di unire il fantasy non tanto a una critica sociale ma a antichi concetti che sono alla base della nostra cultura originaria. Il concetto di primo sognatore e di dimensioni scaturite dalla forza motrice di una mente più ampia, che pervade con la sua energia ogni elemento dell’universo, anzi dei molti universi e che fa dell’uomo il primo erede di questa capacità è fortemente gnostica. Ed è strana trovarla in un fantasy.
Abbiamo cosi una ragazza che tenta di ristabilire non tanto un ordine perduto, quanto rimediare a un errore che ha letteralmente spezzato il legame che unisce cielo e terra, mondo materiale e mondo numinoso. Lili è la prescelta. E’ colei che deve dare ordine al caos, ridare al mondo dei sogni la sua originaria funzione di ponte, di luogo in cui l’uomo ritrova energia e anche perché no luogo di svelamento di segreti, profezie e misteri. Quello che Clarissa Pinkola Estes chiama nel suo splendido saggio “Rio Abjo Rio” il fiume sotterraneo che porta direttamente nel regno del sacro.
Ed è questo fiume a essere stato inquinato dal vizio, dal peccato di superbia e dal possesso: ossia quella che viene denominata finalità cosciente. Un sovrano impazzito che usa la sua immaterialità per piacere fine a se stesso, tradendo la sua funzione e il suo destino.

La Garbarino crea qualcosa di molto diverso dal fantasy. Sacrifica l’azione e i colpi di scena a favore di un taglio psicologico etico, che in fondo affascina e coinvolge. Con uno stile semplice, essenziale, sintatticamente accurato, dalla notevole capacità descrittiva, tenta di amalgamare tradizione, etica, antiche conoscenze creando un genere che è innovativo e antico al tempo stesso. E pur non potendolo annoverare nel fantasy classico, trovo questo romanzo molto interessante. Consigliato.

di Alessandra Micheli

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