martedì 15 novembre 2016

EVELIN E IL SEGRETO DI HAMMELIN DI EMANUELE MONTINARO



Lo ammetto. Non sono soltanto una divoratrice di thriller. C’è un altro genere letterario che non soltanto adoro, ma considero indispensabile per l’umanità: la fiaba.
La fiaba non è soltanto un racconto per l’infanzia, un racconto fantastico di mondi irreali. La fiaba è molto di più. Veicola valori, significati, tradizioni millenarie e conoscenze arcaiche. Tutto in un linguaggio evocativo e simbolico che deve avere, appunto perché rimescola nel profondo humus dell’inconscio umano, una parte di oscurità che non sovrasti il valore morale ma che lo completi riuscendo a dare tutte le sfumature dell’essere umano. Perché l’uomo è come la fiaba, eroe inconsapevole immerso in un mondo spesso incomprensibile, dove bene e male si danno la mano, si abbracciano e si affrontano in una straordinaria tensione creativa.
Emanuele Montinaro è un autore, la cui giovane età era per me un ostacolo alla piena realizzazione di tale genere. E invece sono felice e orgogliosa di essermi sbagliata. In questo splendido affresco, il nostro Emanuele riesce con grazia, leggerezza e potenza del linguaggio (mai pesante e mai fuori dalle righe) a immettere ogni elemento costitutivo delle fiabe: dall’oscurità alla luce, dal valore morale alla fantasia, creando un mondo che è sì immaginativo, ma fondamentalmente anche parte di una tradizione più ampia e antica. Emanuele gestisce con raffinatezza questo universo mitico, un’eleganza che dovrebbe  imbarazzare i più consumati autori. E’ qualcosa che risulta innato in lui, un dono,  quello di rendere vivi e palpabili i personaggi senza scadere nel banale e nel sentimentalismo. Un viaggio iniziatico quello della nostra Evelin, un viaggio il cui simbolismo sboccia quasi naturalmente dalla penna di questo autore da tenere in considerazione. E credetemi, ci sa fare con le parole. Riesce a evocare, a creare e a farci ricordare la nostra tradizione più antica. E questa fiaba scaturita dalle profondità dell’inconscio, dell’immaginario mondo numinoso affascina, conquista e trascina fino al capitolo finale che finale non è, ma è soltanto l’inizio di un’avventura che trasforma, che insegna e che seduce.
La protagonista Evelin richiama alla mente il prototipo dell’eroe epico. Inconsapevole di sé, capitata in un mondo che non è suo, che sente estraneo ma che le consegna la meravigliosa possibilità di sperimentare l’alterità, la differenza e di crescere forte e decisa,  Evelin è simbolo della fantasia, di quel potere che plasma il destino, e la realtà, quella genialità senza briglie, dall’istintualità potente e selvatica di una diversità portatrice di innovazione e riverenza sacrale verso il mistero. Evelin è il tocco di colore che manca al tranquillo grigiore di una città sonnacchiosa, quasi ripiegata su se stessa, sulla tranquilla ripetizione di gesti quotidiani, che si concede il lusso di un passaggio verso il mistero una volta all’anno, in occasione di una festa in cui i cantastorie si ritagliano il loro dominio, assurgendo a depositari di antichi miti e di tradizioni sepolte. Ecco che in quell’unica occasione le cose si rovesciano, e i ruoli si mescolano  e  il sovrano tanto riverito  appare senza veli,  per quello che è: violenza alimentata dal desiderio di potere ,dalla volontà di controllo di un mondo che per sua natura deve sfuggire alla manipolazione: il mondo sacrale della magia. Evelin è l’eletta, colei che riporterà l’armonia in terra, che si ergerà come una furia o come un novello Artù contro l’invasore, contro colui che rende la terra fertile una terra desolata:

“Era la loro arma letale, la causa della fuga degli animali e dei lamenti delle terra. Questo fa l’uomo quando vuole qualcosa. Distrugge. Che sia un cuore infranto che sia un castello di sabbia o una parte della natura”

Evelin è il salvatore, colui che ha il potere di dominare la natura, di riportare il benessere e la speranza. Evelin è la figura quasi graaliana, una sorta di Graal vivente, dotata di compassione ed empatia per gli altri e per l’universo intero:

“battiti per gli altri Evelin, aiutali e sostienili perché chi fa del bene riceverà sempre del bene ma non dimenticare di guardare dentro di te stessa e capire per quel motivo hai iniziato a combattere la guerra”

Si tratta di un antico e sempre presente codice cavalleresco, dove il guerriero sostiene i deboli, aiuta gli infermi, dice sempre la verità, perché la trova in se stesso e combatte i demoni, non soltanto quelli esteriori ma soprattutto quelli interiori. E leggere queste parole da un autore così giovane, per noi amanti del genere epico, dà un senso di infinita bellezza e commuove. Perché Montinari ha scelto di scrivere non una storia soltanto di colpi di scena, ma qualcosa che, per la sua importanza etica, scava nel profondo. E ci restituisce a noi stessi.
La storia di Evelin ha molti elementi folcloristici e mitologici  e si sposa con la fiaba più affascinante, più misteriosa di tutte: quella del pifferaio di Hammelin. Tutti noi la conosciamo, una fiaba inquietante e oscura dai risvolti totalmente magici e ctoni. Perché il pifferaio di Hammelin è la personificazione della forza selvaggia, di quelle divinità nate dalla terra scura che alimentano e nutrono la fauna, la natura e la parte più nascosta di noi stessi. Il pifferaio salva e punisce chi manca alla parola data. Il pifferaio è in grado di scendere nell’abisso, una sorta di dio dell’altro mondo, di dio selvatico delle tradizioni antiche. Essenza stessa della natura, potere puro che per questo può essere usato per il bene e per la prosperità come per l’oscurità, per rendere infertile la terra ( il simbolo dell’allontanamento dei bambini non è che una allegoria del potere che nasconde e ruba la parte creativa di noi stessi) E il Montinari lo sa bene, sa il vero segreto del pifferaio: che il potere non è bene o male, il potere è,  sta a noi saperlo usare con discernimento:
“noi non siamo i giusti. C’è del bene e del male in ognuno di noi ma sta alle persone usare al momento opportuno entrambi”

Un segreto semplice eppure così complesso che il giovane autore comprende alla perfezione. E grazie alla musica, (considerata il soffio vitale che manifesta questa magia, una sorta di anima mundi che possiamo percepire come vibrazione di un’energia pura e terrificante), Evelin prende il posto che le spetta nel mito: quel re- sacerdote che tornerà sempre quando la terra reclamerà un aiuto. Soltanto che stavolta, finalmente, il re di stampo arturiano è una ragazzina forse ribelle, eppure così dolce come la musica che suona incantando gli animi. Ed Evelin ha incantato letteralmente anche me. Consigliato! E mi permetto di regalare  un complimento a Emanuele Montinaro. Raramente ho potuto leggere storie che rasentano la perfezione, doni naturali che scaturiscono dal cuore…continua e non smettere mai di creare sogni. 

di Alessandra Micheli

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