Lo ammetto. Non sono
soltanto una divoratrice di thriller. C’è un altro genere letterario che non
soltanto adoro, ma considero indispensabile per l’umanità: la fiaba.
La fiaba non è soltanto
un racconto per l’infanzia, un racconto fantastico di mondi irreali. La fiaba è
molto di più. Veicola valori, significati, tradizioni millenarie e conoscenze arcaiche.
Tutto in un linguaggio evocativo e simbolico che deve avere, appunto perché rimescola
nel profondo humus dell’inconscio umano, una parte di oscurità che non sovrasti
il valore morale ma che lo completi riuscendo a dare tutte le sfumature
dell’essere umano. Perché l’uomo è come la fiaba, eroe inconsapevole immerso in
un mondo spesso incomprensibile, dove bene e male si danno la mano, si
abbracciano e si affrontano in una straordinaria tensione creativa.
Emanuele Montinaro è un
autore, la cui giovane età era per me un ostacolo alla piena realizzazione di
tale genere. E invece sono felice e orgogliosa di essermi sbagliata. In questo splendido
affresco, il nostro Emanuele riesce con grazia, leggerezza e potenza del
linguaggio (mai pesante e mai fuori dalle righe) a immettere ogni elemento costitutivo
delle fiabe: dall’oscurità alla luce, dal valore morale alla fantasia, creando
un mondo che è sì immaginativo, ma fondamentalmente anche parte di una
tradizione più ampia e antica. Emanuele gestisce con raffinatezza questo
universo mitico, un’eleganza che dovrebbe imbarazzare i più consumati autori. E’
qualcosa che risulta innato in lui, un dono, quello di rendere vivi e palpabili i
personaggi senza scadere nel banale e nel sentimentalismo. Un viaggio iniziatico
quello della nostra Evelin, un viaggio il cui simbolismo sboccia quasi naturalmente
dalla penna di questo autore da tenere in considerazione. E credetemi, ci sa
fare con le parole. Riesce a evocare, a creare e a farci ricordare la nostra
tradizione più antica. E questa fiaba scaturita dalle profondità dell’inconscio,
dell’immaginario mondo numinoso affascina, conquista e trascina fino al
capitolo finale che finale non è, ma è soltanto l’inizio di un’avventura che
trasforma, che insegna e che seduce.
La protagonista Evelin
richiama alla mente il prototipo dell’eroe epico. Inconsapevole di sé, capitata
in un mondo che non è suo, che sente estraneo ma che le consegna la
meravigliosa possibilità di sperimentare l’alterità, la differenza e di
crescere forte e decisa, Evelin è
simbolo della fantasia, di quel potere che plasma il destino, e la realtà,
quella genialità senza briglie, dall’istintualità potente e selvatica di una
diversità portatrice di innovazione e riverenza sacrale verso il mistero.
Evelin è il tocco di colore che manca al tranquillo grigiore di una città
sonnacchiosa, quasi ripiegata su se stessa, sulla tranquilla ripetizione di
gesti quotidiani, che si concede il lusso di un passaggio verso il mistero una
volta all’anno, in occasione di una festa in cui i cantastorie si ritagliano il
loro dominio, assurgendo a depositari di antichi miti e di tradizioni sepolte.
Ecco che in quell’unica occasione le cose si rovesciano, e i ruoli si
mescolano e il sovrano tanto riverito appare senza veli, per quello che è: violenza alimentata dal
desiderio di potere ,dalla volontà di controllo di un mondo che per sua natura
deve sfuggire alla manipolazione: il mondo sacrale della magia. Evelin è
l’eletta, colei che riporterà l’armonia in terra, che si ergerà come una furia
o come un novello Artù contro l’invasore, contro colui che rende la terra
fertile una terra desolata:
“Era la loro arma letale, la causa della fuga degli animali e dei lamenti delle terra. Questo fa l’uomo quando vuole qualcosa. Distrugge. Che sia un cuore infranto che sia un castello di sabbia o una parte della natura”
Evelin è il salvatore,
colui che ha il potere di dominare la natura, di riportare il benessere e la
speranza. Evelin è la figura quasi graaliana, una sorta di Graal vivente,
dotata di compassione ed empatia per gli altri e per l’universo intero:
“battiti per gli altri Evelin, aiutali e sostienili perché chi fa del bene riceverà sempre del bene ma non dimenticare di guardare dentro di te stessa e capire per quel motivo hai iniziato a combattere la guerra”
Si tratta di un antico
e sempre presente codice cavalleresco, dove il guerriero sostiene i deboli,
aiuta gli infermi, dice sempre la verità, perché la trova in se stesso e
combatte i demoni, non soltanto quelli esteriori ma soprattutto quelli
interiori. E leggere queste parole da un autore così giovane, per noi amanti
del genere epico, dà un senso di infinita bellezza e commuove. Perché Montinari
ha scelto di scrivere non una storia soltanto di colpi di scena, ma qualcosa
che, per la sua importanza etica, scava nel profondo. E ci restituisce a noi
stessi.
La storia di Evelin ha
molti elementi folcloristici e mitologici e si sposa con la fiaba più affascinante, più
misteriosa di tutte: quella del pifferaio di Hammelin. Tutti noi la conosciamo,
una fiaba inquietante e oscura dai risvolti totalmente magici e ctoni. Perché
il pifferaio di Hammelin è la personificazione della forza selvaggia, di quelle
divinità nate dalla terra scura che alimentano e nutrono la fauna, la natura e
la parte più nascosta di noi stessi. Il pifferaio salva e punisce chi manca
alla parola data. Il pifferaio è in grado di scendere nell’abisso, una sorta di
dio dell’altro mondo, di dio selvatico delle tradizioni antiche. Essenza stessa
della natura, potere puro che per questo può essere usato per il bene e per la
prosperità come per l’oscurità, per rendere infertile la terra ( il simbolo
dell’allontanamento dei bambini non è che una allegoria del potere che nasconde
e ruba la parte creativa di noi stessi) E il Montinari lo sa bene, sa il vero
segreto del pifferaio: che il potere non è bene o male, il potere è, sta a noi saperlo usare con discernimento:
“noi non siamo i giusti. C’è del bene e del male in ognuno di noi ma sta alle persone usare al momento opportuno entrambi”
Un segreto semplice
eppure così complesso che il giovane autore comprende alla perfezione. E grazie
alla musica, (considerata il soffio vitale che manifesta questa magia, una
sorta di anima mundi che possiamo percepire come vibrazione di un’energia pura
e terrificante), Evelin prende il posto che le spetta nel mito: quel re-
sacerdote che tornerà sempre quando la terra reclamerà un aiuto. Soltanto che
stavolta, finalmente, il re di stampo arturiano è una ragazzina forse ribelle,
eppure così dolce come la musica che suona incantando gli animi. Ed Evelin ha
incantato letteralmente anche me. Consigliato! E mi permetto di regalare un complimento a Emanuele Montinaro. Raramente
ho potuto leggere storie che rasentano la perfezione, doni naturali che scaturiscono
dal cuore…continua e non smettere mai di creare sogni.
di Alessandra Micheli
di Alessandra Micheli
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