martedì 6 dicembre 2016

Recensione "Io, te e la dislessia" di Maria Rosaria Conte, 13Lab Editore, a cura di Micheli Alessandra




Un libro delicato e a tratti tragico quello della Conte. Tragico perchè affronta in modo pulito, semplice e intenso le carenze del nostro sistema scolastico nei confronti di una sindrome la dislessia curabile e gestibile, che in altri paesi non rappresenta un ostacolo.
La dislessia non è molto conosciuta. Ed è proprio quell'alone di mistero, quella sua incomprensibile natura che la rende spaventosa. Come se il nominare le cose senza comprenderle appieno non servisse altro che a avvolgere le stesse nei fumi del pregiudizio e dello stereotipo. Chi è dislessico non è poco intelligente. Questo perché la dislessia non è un deficit intellettivo o mentale ma è un disturbo, una distorsione della capacità di apprendimento riguardante la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo “corretto” o forse più precisamente nel modo che, la collettività ha decodificato come corretto.  Il dislessico è pertanto considerato svogliato, apatico e poco interessato, tutti aggettivi che ingabbiano invece un intelligenza spiccata e spesso intuitiva molto diversa forse dalla maggior parte dei ragazzi o bambini.
Il dislessico non ha, dunque problemi cognitivi o legati alla comprensione o allo studio. Hanno semplicemente un cervello sintonizzato su altre frequenze. E siamo noi genitori, insegnanti e educatori a dover adattare i metodi di apprendimento alle peculiarità dell'alunno.
Ed è il dramma che sommerge la mamma della piccola Veronica, la bimba protagonista di questo racconto autobiografico, un racconto che sconvolge per l’incapacità del sistema scolastico di aiutare e integrare la bimba. Veronica rappresenterà per molte maestra, un problema in grado di mettere in rilievo le incongruenze e le fragilità del sistema educativo o verrà usata come arma tra le piccole, viscide diatribe di potere all’interno dell’istituto scolastico. Ma non verrà mai valorizzata se non dopo danni rilevanti nell’autostima, danni che soltanto grazie a una famiglia unita, speciale nella sua semplicità potranno essere forse limitati. Ed eccoci di nuovo a fare i conti con il vero dramma: la diversità. Nella nostra società la diversità fa terrore. Non un terrore normale, quello che si avverte davanti alla presa di coscienza della responsabilità, ma un terrore ignoto, strisciante di chi si trova a dover rimettere in discussione se stessi davanti al nuovo. E la dislessia è uno di quei casi in cui bisogna avere la necessaria preparazione si ma direi elasticità mentale e di apprendimento per poterlo affrontare, per poterlo non combattere ma per poterci convivere al meglio soprattutto per il bambino. In un modo stereotipato, in cui l’entusiasmo dell’insegnamento è oramai un miraggio, trovarsi di fronte a un nuovo metodo didattico presuppone il passaggio da una modalità di insegnamento e apprendimento di tipo standard con quello chiamato da Gregory Bateson ( il famoso sociologo) deutero-apprendimento. L’insegnante, cioè, deve poter apprendere una nuova metodologia di insegnamento. Apprendere ad apprendere una diversa realtà, una diversa visione del mondo e perché no rivedere idee preconcette e troppo rigide. Ed è questo che nella storia di Veronica manca. Pur di non mettersi in discussione, di non rinnovare il loro bagaglio conoscitivo, le insegnanti preferiscono chiudere gli occhi, lasciando la famiglia a combattere per poter garantire alla bimba una vita sana dignitosa e per liberarla dal preconcetto di incapace. Perché quell’etichetta appiccicata con leggerezza su ogni bambino o ragazzo diventa un marchio indelebile fino a trasformarsi nel paradigma con cui ci approcceremo, da adulti alla realtà. La famiglia si ritrova cosi a gestire il dolore della scoperta, l’orrore dell’ignoranza del problema, vivendo la dislessia come una minaccia alla felicità futura e alla stabilità emotiva della figlia e a lottare contro un sistema ottuso e chiuso. Ecco il senso del titolo, io te e la dislessia, che diventerà compagna silente di ogni passo, di ogni istante quasi come un’ombra oscura. Eppure Veronica è brillante, veronica è dotata di una mente diversa si ma non per questo meno attiva, meno produttiva e meno affascinante. Pertanto la dislessia dovrà essere vista non come ostacolo ma come opportunità e per farlo non serviranno soltanto leggi. Servirà e serve un diverso atteggiamento verso l’alterità che dovrà sempre e soprattutto nella scuola, essere esaltata come valore. Sta a tutti noi, da oggi e per sempre, dare a bambini come Veronica l’opportunità e il diritto a essere sicuramente diversa dalle aspettative sociali ma profondamente e autenticamente persona.
Un libro che riesce a far riflettere, con la semplicità suadente di un racconto pervaso d’amore come soltanto una madre può creare.
Consigliato

4/5


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