mercoledì 11 gennaio 2017

Recensione "La cena della vigilia: se vuoi parlare, usa la mia voce" di Angela Parise



SINOSSI

In una Acqui sommersa nella neve e nell’atmosfera del Natale, ha inizio la più drammatica delle storie: mentre una tavola imbandita segna l’inizio delle feste, Luana viene colpita da un ictus. Un aneurisma cerebrale si è rotto levandola dalla sua normalità: sarà il marito Piero che nel corso delle settimane e dei mesi la aiuterà a rimettersi in piedi e a cercare nuovamente una normalità.
Sì.
Ma a che prezzo?
Luana è rimasta paralizzata, una grave afasia le ha levato l’uso della parola e della comunicazione e tutto sembra perso.
O forse no…
L’amore salvifico, un ambizioso progetto editoriale e la voglia di farcela porteranno proprio Luana nella sua particolare condizione a desiderare ardentemente di scrivere un libro con la storia della sua vita, del suo amore per Piero, di tutto quello che è stato, che è e che sarà.



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RECENSIONE

Angela Parise è autrice di una storia ambientata a Natale, un periodo di festa che per molti sarebbe bello estendere a tutti i mesi dell’anno. “O è Natale tutti i giorni o non è Natale mai” recita una canzone e forse è proprio questo che ho pensato alla fine della lettura.
Questa è apparentemente una storia triste. Racconta una malattia improvvisa, un evento che sconvolge la vita dei protagonisti proprio durante la cena della vigilia di Natale, che nell’immaginario collettivo è senza dubbio un momento felice, di attesa, di bene profondo e vicendevole. Luana, proprio al culmine della festa, viene colpita da un ictus che la paralizza, cambia tutta la sua esistenza è quella di Piero, suo marito. Una storia profonda, che mette al centro un argomento che fa paura, che tocca moltissimo il sentire di chi ha vissuto qualcosa di simile e pure di chi non lo ha vissuto direttamente. Una storia di rinascita perché la malattia è di certo un grande ostacolo, una difficoltà, ma non è la fine soprattutto in questa storia, in cui l’amore è forte, viene messo alla prova ma resiste. Per quel che riguarda lo stile l’ho trovato forse un po’ troppo puntiglioso, particolareggiato...non è certo un difetto questo, soprattutto in questo periodo di storie tutte molto simili e dal linguaggio standardizzato. Eppure a volte mi piace sentire che l’autore lascia un po’ di spazio al lettore, che magari vuole anche immaginare certi particolari di una scena. Angela non lascia scampo, in tutti i sensi, scende nei dettagli, sembra aver visto ogni scena, in tutti i particolari. Non c'è leggerezza, ma di certo non c’è nemmeno pesantezza... c'è la vita, con tutto quello che comporta viverla. E nel momento della festa imparare ad accettare che ci sia anche il dolore, superarlo, vincerlo, per crescere e diventare uomini e donne, umani. Io lo trovo un messaggio importante, controcorrente, fondamentale. Lo consiglio. È un viaggio lungo. Fatelo.

5 Stelle



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