venerdì 22 dicembre 2017

*Recensione* "Crux Simplex" di Kenan Zohar

*Recensione*  "Crux Simplex" 

di Kenan Zohar 

edito da Uno Rosso




Sinossi 
Un’aquila imperiale iberica segue attraverso l’Europa lo stanco e tormentato incedere del cavaliere Osmundo, veterano dell’assedio di Toledo in viaggio per ricongiungersi con la famiglia. Durante una sosta a Le Puy, sui Pirenei, il cavaliere assiste alla visita di un altro uomo affaticato e angosciato: Papa Urbano II. Costui sta organizzando la convocazione per un concilio attraverso cui invitare tutti i cavalieri d’Europa all’impresa della liberazione della Terra Santa. Tale notizia conquista l’animo del cavaliere e lo sprona a modificare il proprio itinerario: vuole essere il primo a giungere in Palestina e immolare la propria vita a un destino più significativo.
Con lui viaggiano un chierico orbo e dall’animo tenebroso, una compagnia di giocolieri e una giovane e fragile donna dai capelli fulvi, con il dono di avvertire in anticipo pericoli e sventure, che ha da poco abbandonato la donna anziana di cui si prendeva cura nel quartiere ebraico di Vormazia per partire alla ventura, in cerca di una nuova vita da spendere in un paese bagnato dal mare meridionale.
Lungo la strada, il gruppo rinviene un’inquietante croce mutila dell’asse orizzontale, una crux simplex, simbolo delle proprie intenzioni incompiute e della precarietà cui stanno andando incontro.
Ogni membro della carovana nasconde infatti un segreto o una remora che potrebbe compromettere la missione.
Kenan Zohar racconta le ombre, le forzature ideologiche e le ossessioni di individui in cerca di una ragione superiore. E descrive un’Europa desolata, selvaggia, lacerata dai fanatismi e dalle prospettive di una guerra di religione. Un testo sul medioevo, fortemente lirico e metaforico, che può essere letto come un’analisi delle contraddizioni individuali e sociali della contemporaneità.


Recensione

            Crux Simplex è un romanzo storico, ambientato alla vigilia della Prima Crociata, alla fine dell’anno Mille.
Il libro descrive, o almeno ci prova, una cultura medievale colma di contraddizioni: tra credenze cristiane, ricche di dogmi e conoscenze riservate solo ai sacerdoti, i quali avrebbero dovuto istruire la popolazione per liberarla dall’ignoranza, e le credenze e superstizioni popolari, tramandate di generazione in generazione.

In quest’ambientazione si erge il protagonista: Osmundo Talavera, il cavaliere di Amaya.
Osmundo, insoddisfatto della propria vita, è alla costante ricerca di un’avventura; vuole a tutti i costi realizzarsi come uomo d’armi e riscattarsi dalla mancata partecipazione allo scontro fatidico a Cuarte.
Da quella battaglia sono passati nove anni, durante i quali non ha mai smesso il suo lungo pellegrinaggio in cerca di un’emozione forte, ma si sa, tutte le cose hanno un inizio ed una fine.
Appena giunto nella sua città di Le Puy, ormai deciso a tornare a casa da moglie e figli, assiste incredulo alla visita del Papa Urbano II. Questo lo induce ad autoconvincersi che il destino gli abbia affidato la missione di essere il primo cavaliere in Terra Santa per liberarla dagli infedeli, prima ancora che lo stesso Pontefice abbia dichiarato le sue intenzioni e chiesto aiuto ai potenti dell’epoca per intraprendere una tale impresa.

Durante il suo viaggio non è da solo. Ad accompagnarlo un chierico misterioso che sa molto più di quanto voglia dire, una carovana di giullari e una donna incontrata durante il percorso.

Nel libro molti sono i riferimenti ai simboli cristiani: la crux ovvero il palo della croce di Cristo e qui simboleggia la prima croce che i viaggiatori vorrebbero piantare in una Terra Santa, libera dagli infedeli subito al loro arrivo;
l’aquila nera che se erroneamente all’inizio del romanzo è vista come un animale che porta cattivi presagi per ignoranza contadina, in effetti nella simbologia cristiana rappresenta, invece, la resurrezione e la rinascita in quanto l’unico uccello che possa guardare il sole e quindi dalla sua alta posizione come se Dio stesso guardasse e proteggesse il suo popolo e dare la vita per esso.
Osmundo stesso è un simbolo, rappresenta il cristiano insoddisfatto della sua vita, figlio della sua epoca, che si mette in cammino alla ricerca della sua spiritualità e anche del suo posto nel mondo;
ed infine Rachele che con i suoi capelli fulvi racchiude in sé stessa tutte le superstizioni e gli annessi misteri del Medioevo.

Per quanto gli elementi storici siano ben concentrati, leggendo il romanzo a volte è stato difficile comprenderlo. Una lettura impegnativa con un linguaggio complesso che vuole richiamare quello dell’epoca in cui è ambientato, ma che a volte scoraggia il lettore nella lettura e lo annoia.

Un errore che credo sia imperdonabile in un romanzo storico: Papa va scritto sempre in maiuscolo in quanto indica con il titolo la persona che lo incarna.




Recensione a cura di Luisa Distefano 


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