*Recensione* "Crux Simplex"
di Kenan Zohar
edito da Uno Rosso
Sinossi
Un’aquila
imperiale iberica segue attraverso l’Europa lo stanco e tormentato incedere del
cavaliere Osmundo, veterano dell’assedio di Toledo in viaggio per
ricongiungersi con la famiglia. Durante una sosta a Le Puy, sui Pirenei, il
cavaliere assiste alla visita di un altro uomo affaticato e angosciato: Papa
Urbano II. Costui sta organizzando la convocazione per un concilio attraverso
cui invitare tutti i cavalieri d’Europa all’impresa della liberazione della
Terra Santa. Tale notizia conquista l’animo del cavaliere e lo sprona a
modificare il proprio itinerario: vuole essere il primo a giungere in Palestina
e immolare la propria vita a un destino più significativo.
Con lui viaggiano un chierico orbo e dall’animo tenebroso,
una compagnia di giocolieri e una giovane e fragile donna dai capelli fulvi,
con il dono di avvertire in anticipo pericoli e sventure, che ha da poco
abbandonato la donna anziana di cui si prendeva cura nel quartiere ebraico di
Vormazia per partire alla ventura, in cerca di una nuova vita da spendere in un
paese bagnato dal mare meridionale.
Lungo la strada, il gruppo rinviene un’inquietante
croce mutila dell’asse orizzontale, una crux
simplex, simbolo delle proprie intenzioni incompiute e della precarietà cui
stanno andando incontro.
Ogni membro della carovana nasconde infatti un
segreto o una remora che potrebbe compromettere la missione.
Kenan Zohar racconta le ombre, le forzature
ideologiche e le ossessioni di individui in cerca di una ragione superiore. E
descrive un’Europa desolata, selvaggia, lacerata dai fanatismi e dalle
prospettive di una guerra di religione. Un testo sul medioevo, fortemente
lirico e metaforico, che può essere letto come un’analisi delle contraddizioni
individuali e sociali della contemporaneità.
Recensione
Crux
Simplex è un romanzo storico, ambientato alla vigilia della Prima Crociata,
alla fine dell’anno Mille.
Il libro descrive, o almeno ci
prova, una cultura medievale colma di contraddizioni: tra credenze cristiane,
ricche di dogmi e conoscenze riservate solo ai sacerdoti, i quali avrebbero
dovuto istruire la popolazione per liberarla dall’ignoranza, e le credenze e
superstizioni popolari, tramandate di generazione in generazione.
In quest’ambientazione si erge il
protagonista: Osmundo Talavera, il cavaliere di Amaya.
Osmundo, insoddisfatto della
propria vita, è alla costante ricerca di un’avventura; vuole a tutti i costi realizzarsi
come uomo d’armi e riscattarsi dalla mancata partecipazione allo scontro
fatidico a Cuarte.
Da quella battaglia sono passati
nove anni, durante i quali non ha mai smesso il suo lungo pellegrinaggio in
cerca di un’emozione forte, ma si sa, tutte le cose hanno un inizio ed una
fine.
Appena giunto nella sua città di Le
Puy, ormai deciso a tornare a casa da moglie e figli, assiste incredulo alla
visita del Papa Urbano II. Questo lo induce ad autoconvincersi che il destino
gli abbia affidato la missione di essere il primo cavaliere in Terra Santa per
liberarla dagli infedeli, prima ancora che lo stesso Pontefice abbia dichiarato
le sue intenzioni e chiesto aiuto ai potenti dell’epoca per intraprendere una
tale impresa.
Durante il suo viaggio non è da
solo. Ad accompagnarlo un chierico misterioso che sa molto più di quanto voglia
dire, una carovana di giullari e una donna incontrata durante il percorso.
Nel libro molti sono i riferimenti
ai simboli cristiani: la crux ovvero il palo della croce di Cristo e qui
simboleggia la prima croce che i viaggiatori vorrebbero piantare in una Terra
Santa, libera dagli infedeli subito al loro arrivo;
l’aquila nera che se erroneamente
all’inizio del romanzo è vista come un animale che porta cattivi presagi per
ignoranza contadina, in effetti nella simbologia cristiana rappresenta, invece,
la resurrezione e la rinascita in quanto l’unico uccello che possa guardare il
sole e quindi dalla sua alta posizione come se Dio stesso guardasse e
proteggesse il suo popolo e dare la vita per esso.
Osmundo stesso è un simbolo,
rappresenta il cristiano insoddisfatto della sua vita, figlio della sua epoca,
che si mette in cammino alla ricerca della sua spiritualità e anche del suo
posto nel mondo;
ed infine Rachele che con i suoi
capelli fulvi racchiude in sé stessa tutte le superstizioni e gli annessi
misteri del Medioevo.
Per quanto gli elementi storici
siano ben concentrati, leggendo il romanzo a volte è stato difficile
comprenderlo. Una lettura impegnativa con un linguaggio complesso che vuole
richiamare quello dell’epoca in cui è ambientato, ma che a volte scoraggia il
lettore nella lettura e lo annoia.
Un errore che credo sia
imperdonabile in un romanzo storico: Papa
va scritto sempre in maiuscolo in quanto indica con il titolo la persona che lo
incarna.
Recensione a cura di Luisa Distefano
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