martedì 25 ottobre 2016

Presentazione + Intervista a Massimo Della Penna e il suo "SONO SOLO IO:STORIA DI UNO STRANO"




SINOSSI

Telemaco, uno dei protagonisti, è un bibliotecario affetto dal disturbo dissociativo della personalità, prigioniero di una vita anonima. Per evadere dalla sua monotonia, tenta di uccidere la moglie avvelenando il suo latte e progetta di incendiare il castello dove lavora. Egli ha già descritto tutto in un romanzo su cui, con l'incendio, spera di riaccendere l'interesse generale.
Lo psichiatra presso cui è in cura gli ingiunge di tenere dei diari per combattere le sue amnesie che inghiottono intere fette del suo passato, tra le cui macerie scava invano il professore. Periodicamente, le personalità di Telemaco prendono il controllo delle sue azioni. Il professore indaga anche su Giada, la sorella di Telemaco menzionata nei suoi diari scomparsa all'epoca del loro amplesso incestuoso, che ha portato il loro padre al suicidio. Ogni tanto Telemaco parla al professore di un uomo misterioso, che comparirà altrove nel romanzo. 
Il professore inizia a sospettare di tutti i personaggi menzionati nei diari e nelle insolite sedute terapeutiche a distanza, per cui chiede a Telemaco continue prove della loro esistenza. Telemaco è riluttante, sembra fuggire dal proprio passato e, come l'omonimo figlio d'Ulisse, si ostina nella ricerca del padre perduto. In realtà, la sua è solo una ricerca di se stesso. In tale viaggio, comparirà una giovane laureanda che si innamorerà perdutamente di lui e che sembrerà provenire dal suo passato, insieme al suo figlio cieco, Boris, che pare vedere con sensi nascosti ai nostri sensi ordinari. Una minaccia oscura, portata dall'uomo senza nome, incombe su tutti i personaggi, che proveranno a salvarsi ciascuno a modo suo. I libri, in ogni caso, sembrano avere un destino segnato nel marchio del fuoco.
Sono solo io.
E questa è la storia di uno strano.


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INTERVISTA

1. Com'è nata l'idea del tuo libro? Da cosa hai preso spunto per strutturare la trama?

C'è stato un momento preciso: avevo già una vaga idea di scrivere la storia di un bibliotecario: ma una sera, a un incontro tra blogger, conobbi il responsabile presso l'archivio storico della Biblioteca Civica di Fossano che fu la mia "svolta": mi invitò a visitare il suo ufficio che si trova nel Castello degli Acaja e grazie a questo incontro e alle meraviglie che mi fece vedere (libri del 1300, bibbie con incisioni uniche, etcc.), l'idea si radicò in me e prese forma.
Per la struttura della trama ho preso spunto da un libro di Ishiguro che mi ha emozionato molto: "Gli inconsolabili", in cui il flusso degli eventi trascina il lettore in lunghi excursus tra i personaggi, i tempi e le emozioni. In un secondo momento, ho "infarcito" la trama di ulteriori fili, sviluppando un nuovo personaggio, lo psichiatra, che nonostante la sua nascita "tardiva" nella storia, poi ha finito per assumere un ruolo chiave e, soprattutto, uno dei fulcri su cui si impernia l'intera trama.

2. Parlaci un pò dei personaggi. Come sono nati e se c'è uno preferito o che ti rappresenta di più

Personaggi ce ne sono molti, quasi tutti nati per gemmazione dal protagonista, Telemaco (tranne il prof. Munch, nato in un secondo momento). Non che gli somiglino tutti, anzi, ma sono un poco "figli" suoi, perché le loro personalità sono scaturite dalle vicende di Telemaco che avevo in mente, man mano che le trasponevo su carta.
I personaggi che amo di più sono in primis Telemaco, ovviamente, essendo il protagonista; di me non c'è assolutamente nulla in lui, solo l'amore per i libri, anche se nel suo caso è un amore-odio. Ha i piedi deformi, è cinico, pensa solo ad uccidere la moglie e a portarsi a letto la giovane laureanda che si è innamorata di lui. L'antieroe per eccellenza, direi.
Poi c'è Mike, il proprietario di un bar, omaccione di 2 metri, tutto muscoli e stoffa ruvida, moto e donne sono la sua unica occupazione. Nonostante la sua tempra d'acciaio, si scioglie per il suo nipotino Boris, un bambino eccezionale (di cui si scopriranno molte cose nel prossimo romanzo...) affetto da visione cieca, una malattia molto particolare di chi ha l'organo visivo perfettamente funzionante, ma ciononostante è cieco per lesioni alla corteccia cerebrale. E Boris è sicuramente uno dei miei preferiti, un diverso, emarginato, abbandonato dal padre che non ricorda neppure lui chi sia, orgoglioso, piuttosto che accettare gli ausili per non-vedenti si farebbe investire da un'auto. Un altro diverso, e mio adorato personaggio, è Zia Mafalda (ispirato a Mafalda Serrecchia, benchè temo abbia poco in comune con lei): il personaggio scrive poesie (come la Serrecchia!) che sotterra nel suo giardino, vive in una casa decrepita, viaggia sugli autobus da capolinea a capolinea senza andare da nessuna parte, si mette al finestrino solo per sommare i numeri delle targhe. Avrà un ruolo chiave e con i suoi incubi guiderà Telemaco alla ricerca della sorella rapita da uno strano personaggio...

3. Quanto di te c'è nel libro? E' solo un opera di fantasia o scaturisce da emozioni o esperienze personali?

Nel mio primo libro c'era tutto, era una sorte di biografia! In questo secondo, invece, non c'è nulla, tranne alcune emozioni, alcune suggestioni, l'amore per la natura, i ciliegi, i fiori, i libri. Le uniche cose "vere" sono le ambientazioni nella città di Fossano, non a caso il Comune di tale città mi ha onorato del suo patrocinio. Inoltre, il 16 dicembre presento il romanzo proprio nel Castello di Fossano in cui è ambientato, siete tutti invitati! Per il resto, direi che no, non ci sono esperienze personali "trasposte" nel libro... temo di non avere una vita così interessante!

4. Che tipo di letture ti hanno influenzato e quale libro ti rappresenta di più?

Le letture che più mi hanno influenzato sono state quelle dei miei autori "preferiti", di cui ho provato a leggere l'opera omnia: primo tra tutti Mark Twain, con la sua ironia sottilissima, Ernest Hemingway, con i suoi periodi brevissimi e il ritmo serrato, Stephen King con cui credo ogni scrittore dovrebbe "misurarsi", volente o nolente, John Fante e la sua vena malinconica spiazzante, e poi Yukio Mishima con la sua profondità e tanto Laurence Sterne, con la sua meta-narrazione che mi ha spinto a esplorare nuovi modi comunicativi del romanzo, come ad esempio i giochi matematici nascosti nella numerazione dei capitoli del mio primo romanzo, o il finale de Sono solo io...

5. Qual'è secondo te il segreto per scrivere bei libri?

Non ho segreti da svelare, a dire il vero! Anzi, vorrei qualcuno li svelasse a me... io so solo che scrivo da tempo immemore e che la mia "necessità" di esprimermi in parole è sempre fluita in modo ininterrotto, benchè solo di recente io abbia deciso di provarci con un romanzo. Credo comunque nella lettura come prima scuola di scrittura: ecco, per il mio caso, direi che leggere mi ha insegnato tantissimo. Non so se sia sufficiente per essere un buon romanziere, questo lo dirà il tempo e il pubblico!

6. Quanto conta la struttura narrativa nel tuo romanzo ossia la sintassi, la  grammatica lo stile e la leggerezza.

Direi tutto! Oltre la sintassi, la grammatica, lo stile e la leggerezza di cui parlava Calvino, cos'altro può mai esserci? Ah sì, la musicalità! Io ascolto il suono di ciò che scrivo, e lo modifico se non mi "suona" bene. Credo che sia importante per il lettore coccolare anche il suo senso estetico, ma forse ciò fa parte dello stile. La grammatica, poi, è il tuo biglietto da visita: commettere errori, sbagliare apostrofi, accenti, anche la punteggiatura, è autolesionistico! Al lettore può sfuggire se magari sbagli una nozione ipertecnica sulla meccanica quantistica, ma difficilmente ti perdona un "puo" senza apocope o, peggio, con l'accento sbagliato. E' la prima cosa che vede un lettore, un po' (eh, occhio!) come un vestito: se vuoi far colpo sul tuo interlocutore con la tua cultura, è molto più dura se indossi una camicia macchiata e i capelli sporchi e la forfora sulle spalle della giacca, no? Ecco, curare la grammatica è come spolverarsi la forfora prima di uscire: non è sufficiente a scrivere un buon libro, ma sicuramente è necessario!
La leggerezza, poi, è un concetto che nelle lezioni americane di Calvino è espresso in un modo brillante che non saprei sintetizzare... diciamo che la pesantezza, l'orpello, i tre aggettivi messi in fila (un antico, patinato e malandato mobile d'altri tempi..., ad es!), hanno solo un effetto controproducente, ma d'altro canto la leggerezza che ti fa planare sulle cose poco lievi è un risultato a cui si tende senza mai centrarla poi del tutto! I giapponesi, in questo, hanno tanto da insegnarci.


7. C’è un libro a cui sei particolarmente legato?

L'ultimo Azteco di Gary Jennings, quanto ad emozioni: è un libro che ho amato e che amo alla follia, pieno di sentimenti e storia Azteca, un mix esplosivo! Invece, quanto a "scrittura", sicuramente Vita e Opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo, del genio Laurence Sterne. Il suo rompere con millenni di regole non scritte riguardo alla scrittura, mi ha reso molto ardito nelle mie costruzioni. Entrambi i miei libri, mi sia consentito un atto di vanità, contengono novità narrative, elementi di rottura con le regole "classiche" che rendono entrambi i romanzi quantomeno originali. Poi c'è anche tanta spazzatura originale, eh! Non dico siano due capolavori, ma io li definisco "onesti", non rubano il tempo al lettore senza lasciare nulla in cambio: quantomeno, offrono un'esperienza nuova. Che sia degna oppure no, questo solo ogni singolo lettore può dirlo!


5 commenti:

  1. Grazie di cuore! E' stata una bellissima esperienza, il vostro gruppo è very coooool!

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  2. Domande perfette per far uscire l'anima del romanzo e avere informazioni più dettagliate sull'autore!

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